TRIONFO DEL FERRO
Le gambe di Giuseppe Campos Venuti, certo, non ne reggeranno più tanto bene il corpo, ma il cervello è più che mai lucido ed acuminato. Venerdì scorso in margine al convegno sullo stato dell’arte del Servizio Ferroviario Metropolitano (per chi lo abbia dimenticato “…l’asse strategico prioritario per la mobilità del bacino bolognese…”) organizzato all’Urban Center rifletteva sul fatto che, evidentemente, gli amministratori bolognesi non riescono a superare una concezione di città, sedimentata nei secoli, forse nei millenni, che non corrisponde più alla realtà almeno dagli anni 70 del secolo scorso. Un territorio ad alta densità urbana, chiaramente separato da quello agricolo o naturale, magari da mura, circondato a diverse distanze da altri insediamenti residenziali, più o meno grandi, ma tutti conformi allo stesso modello. San Giovanni in Persiceto, Castel San Pietro etc…, Bologna in scala. Il tutto collegato da canali e strade, poi ferrovie e tram a cavalli e a vapore, fino al trionfo del ferro e dell’elettricità seguito all’Unità d’Italia di cui celebriamo i 150 anni. Infatti risalgono ad allora gli otto raggi di binari che confluiscono nel mozzo della Stazione e la ricca dotazione di tram che percorrevano l’area urbana. Dalla Liberazione ad oggi solo un Sindaco si è occupato di questo tesoro sempre meno utilizzato, Walter Vitali a metà degli anni 90. Quando, dopo un lungo braccio di ferro con le F.S., riuscì a condizionare il passaggio in tunnel del TAV a Bologna alla implementazione di un servizio ferroviario locale degno di una avanzata città europea e ad ottenere un finanziamento statale su una moderna tramvia nella più volte citata T rovesciata. Tutti gli altri Sindaci, sia prima che dopo, si sono dilettati o nella eliminazione dei tram a favore di bus e auto private, con Campos che usciva sconfitto, o in progettazioni, tutte fallimentari, di costosi sistemi di trasporto alternativi al tram di Vitali rigorosamente sempre contenuti dentro la Tangenziale (MaB e Teo, flebilmente esteso fino a San Lazzaro, di Guazzaloca, Metro-Tramvia e Civis di Cofferati). Lasciamo stare il People Mover perché non si può definire parte del trasporto pubblico locale, al più uno strumento di marketing urbano e, come tale, dovrebbe essere a carico dei soli soggetti economici interessati, esclusa Atc. Il fatto è che la città e la sua provincia, come tutto il dibattito sull’Area Metropolitana inutilmente cerca di portare alla coscienza degli amministratori da venti anni, non sono più così. La urbs non è più contenuta dentro la Circonvallazione, con due escrescenze fino al Meloncello e gli Alemanni ed una punta alla Bolognina come fino agli anni 50. Si è prima allargata a macchia d’olio ai paesi della Cintura Industriale incorporandoli (chi potrebbe segnare confini fra Bologna e Casalecchio o Castel Maggiore, o Castenaso etc?) poi è esplosa nel magma della villettopoli di cervellatiana memoria. La urbs è, ora, qualcosa di completamente diverso. La ferrovia “Veneta” che chiamavamo “suburbana” è ormai in gran parte “urbana”. Ora bisogna invertire decisamente questo modo di ragionare e cercare di centrare due obiettivi diversi e contradditori, quindi molto difficili: cercare di dare una dotazione di Tpl allo sprawl urbano esistente e, contemporaneamente, cercare di contenerlo. Nessuno, finora, è riuscito a trovare qualcosa di meglio del SFM. Per questo qualsiasi distrazione di risorse finanziarie ed economiche, quanto di energie ed intelligenze umane, da questo obiettivo è da rifiutare con la massima decisione ed è colpevole, delittuoso, non concentrarsi, con assoluta priorità, sull’unico Piano Strategico concretizzabile in 24 mesi, il SFM.
Paolo Serra
Pubblicato sull’Unità del 13 novembre 2011
concordo su tutto ma resta un dubbio: l’SFM porta rapidamente verso la stazione centrale da ogni parte della provincia. Permette anche di raggiungere delle stazioni in giro per la città: Casteldebole, Borgo Panigale etc. I luoghi di attrazione però, spesso sono fuori la portata delle stazioni SFM, dunque resta il problema immenso della circolazione all’interno della città, che con i mezzi attuali (autobus) ha scarsa efficacia. Quindi SFM sì, ma da solo serve a poco: basta guardare i numeri delle salite e discese delle stazioni diverse dalla centrale.
Un dubbio: come mai non esiste alcun mezzo che percorre la via emilia da est a ovest e viceversa? questa è la vera dorsale sulla quale innestare un sistema (Tram? Metro?) veloce e che permetta di salire a raso, senza che gli anziani bolognesi ormai maggioranza, si arrampichino su autobus degli anni 70
Giustissimo, tant’è vero che la strategia prevedeva una tranvia di superficie lungo la T rovesciata fra Corticella, Borgo Panigale e San Lazzaro. Vitali ottenne un finanziamento dal CIPE pochi mesi prima delle elezioni del 1999 ma non firmò contratti per non far trovare il suo successore col fatto compiuto. Quei fondi furono, poi, dirottati da Guazzaloca sul Teo/Civis che, invece, firmò il contratto con Irisbus-CCC meno di un mese prima delle elezioni del 2004, così la frittata fu fatta.