Mi sono iscritto al PCI nel 1974, a trent’anni, sospinto dalla necessità di rinforzare l’onda d’urto dei grandi referendum sui diritti civili, divorzio ed aborto, recepiti con tanta fatica dal PCI stesso. Da quell’anno a tutt’oggi ho ininterrottamente rinnovato la tessera impegnandomi attivamente a livello di base sia come politico, che come amministratore, che come commentatore sull’Unità di Bologna. Ho apprezzato e seguito le segreterie di Berlinguer, Natta ed Occhetto, anche quando hanno commesso errori come il referendum sulla scala mobile, perché ci sono cose che vanno fatte comunque anche se la sconfitta è certa, e quando sono arrivati in ritardo come con la svolta detta “della Bolognina” perché il coraggio va, comunque, premiato. Poi è cominciata una serie di episodi incresciosi o decisioni dirigenziali incomprensibili o, per me, errate, cause di disaccordi, gravi e meno gravi, ma sempre, in fine, sopportati.
- Il mancato quorum alla elezione di Occhetto come primo segretario del PDS nel 1991.
- L’acquiescenza alla ridicola interpretazione parlamentare della legge sulla ineleggibilità del 1957 che dichiara che la “mera proprietà” di una concessione pubblica non ne costituisca causa nel 1994.
- La sparizione del termine Partito dalla nuova denominazione nel 1998.
- L’acquiescenza all’illegale monopolio televisivo privato di Berlusconi culminata nella famosa dichiarazione “Mediaset, patrimonio della nazione” fatta da D’Alema Presidente del Consiglio nel 1998.
- La mancata indizione di elezioni politiche anticipate dopo la caduta del governo Prodi I° sostituito da D’Alema grazie ad un accordo con Cossiga.
- La fiducia concessa ad un conclamato imprenditore illegale come Berlusconi con la Bicamerale presieduta da D’Alema.
- Il mancato accordo con l’IdV nel 2001 che permise la vittoria di Berlusconi.
- L’assurda regola statutaria del PD della coincidenza della figura del segretario del partito con il candidato alle elezioni politiche in modo che se le perde avremo un segretario indebolito dalla sconfitta, preda dei vari capicorrente, se le vince avremo un immediato nuovo congresso con la elezione di un avversario del nostro presidente del consiglio in carica. Così la contendibilità, che dovrebbe migliorare l’offerta, diventa conflittualità permanente, dimenticando che la prima caratteristica che cercano gli elettori in un partito è l’affidabilità. Questo, inoltre, comporta la elezione del segretario di una organizzazione da parte di non membri della organizzazione stessa il ché, ovviamente, disincentiva dalla partecipazione politica i membri stessi.
- La dichiarazione, quantomeno intempestiva, di Veltroni sulla “vocazione maggioritaria” che diede a Mastella l’occasione per togliere la fiducia al governo Prodi II°.
- Le incoerenti dimissioni dello stesso Veltroni dopo il risultato a due facce delle politiche del 2008 dimentico della lezione di Mitterand, che superò due gravi sconfitte prima di vedere trionfare le sue idee per ben due settennati.
- La incerta partecipazione al referendum sull’acqua del 2011 nel quale i 24,5 milioni di sì hanno evidenziato un formidabile potenziale di elettori successivamente snobbati ed abbandonati all’astensionismo ed alle incursioni del movimento 5stelle.
- L’eccessiva acquiescenza concessa alle politiche ed alla durata del governo Monti che ci ha fatti identificare come gli unici sostenitori dei tagli alle classi medio-basse mentre il PdL era l’alfiere delle intoccabili classi possidenti.
- La gestione del risultato elettorale delle politiche di quest’anno dove si è evitato di constatare materialmente, con una votazione al Senato, la possibile esistenza di una maggioranza favorevole ad un governo Bersani pur dopo la positiva prova della elezione di Grasso con i voti di alcuni 5stelle.
- La gestione delle candidature a Presidente della Repubblica, – con la presentazione di Marini senza nessuna consultazione degli alleati di lista di SeL e con un preaccordo con il PdL, malgrado il parere contrario di molti nostri deputati. Candidatura che per il metodo, non per la persona, ha procurato una enorme ondata di protesta in tutta la base, – con il frettoloso ritiro immediato dopo la prima votazione della candidatura di Prodi ignorando inspiegabilmente o, colpevolmente, gli autorevoli precedenti di Pertini e di Scalfaro: 16 scrutini, per non voler andare a Saragat e Leone, – col diniego alla candidatura di Rodotà, deputato Indipendente di Sinistra per tre legislature, presidente del Consiglio Nazionale del PdS, Garante nazionale della Privacy e Presidente del Gruppo Europeo dei Garanti, solamente perché presentata dei 5stelle, – con la mancata presa in considerazione di altre candidature eccellenti quali ad es. Onida, Zagrebelski, Carlassare ed altri.
- L’ambiguità nella formazione del governo Letta, per alcuni a termine stretto per legge elettorale e legge di stabilità 2014, per altri a fine semestre di presidenza europea, per altri ancora, specie dopo il dietrofront di Berlusconi, di tutto mandato. Anche in questo caso il messaggio che arriva agli elettori è di confusione e inaffidabilità.
Ora si è aperta la stagione del III° congresso del PD gratificato dell’appellativo di “muro di gomma” da Barca dopo il viaggio di 5 mesi all’interno dei “circoli” mentre i dirigenti sono dallo stesso appellati “capobastone”, e da qui si capisce la ragione della sua mancata candidatura. Più gentilmente io li definirei dei “gattopardetti” pronti a tutto pur di non rischiare quel briciolo di potere personale che hanno conquistato. Penso di non poter essere smentito se dichiaro che il PD o riprenderà il cammino iniziato al Lingotto e congelato dalle dimissioni di Veltroni o si trasformerà in una formazione populistica a direzione personalizzata.
Dei candidati alla segreteria l’unico che ha cercato di contrastare, praticamente in solitudine, e con atti concreti, la deriva descritta è Giuseppe Civati, per questo ho deciso di appoggiarlo e di proporre di appoggiarlo a tutti coloro che ho conosciuto in questi 40 anni.
Paolo Serra www.bolognaragionevole.org