I
People Mover, risorse dalla tassa di soggiorno
Carlo Santacroce urbanista l’Unità 25 marzo 2012
Dalla Val di Susa a Bologna, passando per Vicenza, il movimento dei “NO-qualcosa” sta investendo l’Italia. Dietro un unico brand si sono unificate battaglie profondamente differenti nella sostanza e nelle ragioni che le sostengono. E’ vero che “fare rete” può apparire spesso utile per rendere più efficaci rivendicazioni differenti, ma credo che, in questo caso, tale strategia risulti perfino dannosa alle cause stesse: il rischio é quello di perdere di vista la sostanza (molto diversa) delle battaglie e dividersi a priori tra favorevoli e contrari a quel tipo di campagna. E’ un gioco che serve solo a quella minoranza che vede in tutto ciò o un‘opposizione al “Sistema”, e non al resto degli italiani che vorrebbero capire le ragioni specifiche delle singole rivendicazioni.
Entrando nello specifico, la campagna “No-Tav” é caratterizzata da una enorme complessità, dietro cui si condensano delicati temi ambientali e controversi aspetti economici e sociali. Il People Mover e invece un tema estremamente semplice. Non vi sono in discussioni particolari sensibilità ambientali e nemmeno si può discutere di come questo inciderà sul sistema di trasporti bolognese (l’effetto sarà semplicemente nullo): il People Mover non é altro che una propaggine dell’aeroporto, progettata per rendere più concorrenziale lo scalo di Bologna. La discussione in sintesi si concentra su un solo quesito: é giusto o meno investire finanziamenti pubblici per rendere più attraente uno scalo aeroportuale? Non a caso su questo si concentrano anche le critiche, che si dividono tra chi sostiene che il mezzo non avrà sufficiente domanda (e che richiederà risorse pubbliche costanti per essere mantenuto) e chi dice che invece risulterà insufliciente (e che si dovrà intervenire per potenziarlo).
Da urbanista mi é chiaro che un’analisi trasportistica genererebbe certamente forti dubbi e richiederebbe di valutare soluzioni alternative (ma ricordo che non si tratta,
appunto, di un sistema di trasporto). Da cittadino la mia principale preoccupazione e semplicemente che i costi di quel mezzo non vadano a incidere sul delicato (e disastrato) sistema di trasporti bolognese, ossia che il funzionamento di quel bel “gioco” non venga pagato dai pendolari. In fondo basterebbe che il Comune si impegnasse a coprire tutti i futuri costi per la gestione o l’eventua1e potenziamento del sistema solo con le entrate della nuova tassa di soggiorno (o con entrate simili legate al turismo o alla Fiera): si spazzerebbe cosi via di colpo il 90% delle critiche e si porrebbe il People Mover nell’alveo naturale (quello del sistema economico e produttivo) che lo dovrebbe caratterizzare.
Se il people mover si mangia la ferrovia
Paolo Serra l’unità 10 aprile 2012
Bentornato a Carlo Santacroce nel dibattito sulle progettazioni infrastrutturali bolognesi (domenica 25 marzo su questa stessa testata). Una voce in più, non condizionata da altro che dal proprio pensiero, non può che contribuire a farlo tornare da quello degli apriorismi contrapposti sul piano della ragionevolezza. Inutile dire che Santacroce sfonda una porta aperta quando chiama, finalmente, il people mover fra la Stazione ed il Marconi una “propaggine dell’aeroporto” e per questo negandone la “dignità” di far parte del sistema di trasporti pubblici locali. E’ proprio la base sulla quale è partita la contestazione dei vari tecnici e politici bolognesi che hanno additato nei 27 milioni pubblici a fondo perduto e nel passaggio ad Atc (ora Tper) della Marconi Express quali contraddizioni insanabili di un progetto che avrebbe dovuto interessare solo investitori privati. Ed il fatto che in quasi 4 anni non ne siano stati trovati non depone, certo, a favore della sua bontà. A questa contestazione si affiancò il timore che il people mover cannibalizzasse in parte le risorse necessarie per la definitiva implementazione del SFM, mitica trave portante strategica della mobilità metropolitana sempre declamata e mai attuata con decisione. Purtroppo i timori si sono trasformati in realtà se dopo l’abbandono della stazione “Aeroporto” a cavallo della Bo-Mi e della Bo-Vr, registriamo la progettazione dell’interramento ad un solo binario del tratto urbano est della Vignola-Bologna-Portomaggiore (per risparmiare 8 milioni si vanifica ogni possibilità di sviluppo futuro), e le difficoltà “culturali” di assegnare ruoli importanti alle fermate urbane di sostegno alla Centrale. Voci di corridoio, vociacce speriamo infondate, annunciano scarso entusiasmo di Fer sul tema della trasformazione delle linee attestate sui piazzali Est ed Ovest in passanti, ed anche il rischio di 15 minuti di fermata obbligatoria in Centrale. Le linee passanti sono assolutamente necessarie per trasformare il servizio da radiocentrico, concentrato in Centrale, a grigliato con maglie sussidiarie importantissime a Prati di Caprara e San Vitale-Rimesse, garanzia di un numero quasi infinito di possibilità di collegamenti fra ogni punto del bacino. Ottima l’idea di far pagare il people mover da chi ne riceverebbe i supposti benefici, Sab, Fiera, operatori turistici… Contemporaneamente, però, completiamo le stazioni SFM mancanti, compresa la “Aeroporto”, manteniamo la possibilità di raddoppio dalla “ Zanolini” alla “Santa Rita”, ed imponiamo a Fer la trasformazione dei passaggi in Centrale. Chissà che un giorno non ci sembri di essere diventati un paese europeo (almeno per quanto riguarda le ferrovie locali…).