Rilancio Economia lettera all’Unita 19 aprile 2012

Una proposta forte

Cara Unità,
sfugge ai più come sia possibile rilanciare l’economia alzando contemporaneamente la pressione fiscale. Oltretutto in un paese come l’Italia dove il fisco colpisce prevalentemente i redditi da lavoro e le pensioni. Mi si dice che occorre puntare sulle esportazioni. Ma se tutti i Paesi del mondo usano la stessa ricetta diventa un Giro dell’Oca! Mi dite quale Paese è disposto ad avere la bilancia dei pagamenti in passivo se proprio non ne può fare a meno per mancanza di materie prime? Senza mercato interno non c’è rilancio possibile. Ad onor di logica dato il nosro sistema fiscale, l’unica possibilità sarebbe quella di applicare una tassa ai patrimoni immobiliari e mobiliari, escluse le azioni, frutto in gran parte di 40 anni di evasioni ed elusionii, quando non di reati, e, col ricavato, alzare la franchigia esentasse ed abbattere le prime due aliquote Irpef. C’è qualcuno dei tanto loquaci dirigenti del nostro partito che abbia il coraggio di fare la proposta? Tanto per vedere come risponderebbe il Governo dei Professori che si era presentato con la triade, “rigore, sviluppo, equità” ma, finora, ha applicato il rigore prevalentemente alle classi medio basse, per lo sviluppo si limita alle promesse, mentre l’equità deve essere rimasta chiusa in qualche cassetto di cui non si trova la chiave.

Paolo Serra — Bologna

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L’OSSESSIONE TOPOGRAFICA NEL PD L’unità nazionale 18 febbraio 2012

Cara Unità,

anche oggi leggo le geremiadi di Violante e Castagnetti. Il primo si scaglia contro il bipolarismo che impone (impone?) “coalizioni caravanserraglio incapaci di governare”, il secondo paventa uno scivolamento a sinistra che diventi arretramento. Entrambi con la riconosciuta capacità argomentativa. Il risultato finale, però, è sconfortante. La prima repubblica, proporzionale quasi pura, crollò sotto “mani pulite” ma era già stata soffocata dai mitici “governi balneari”, la seconda, bipolare, più o meno forzata, dalla rissosità interna alle coalizioni. Se ne deduce che l’Italia sia ingovernabile. Aveva ragione Mussolini, che, certo, gli italiani li conosceva, quando affermò che governare l’Italia fosse inutile? Per quanto riguarda gli “scivolamenti” mi pare che Castagnetti non riesca ad uscire dalla sindrome “posizionale” che ci arreca danni da almeno trenta anni. Argomento che appassiona solo i media e, forse, il 6/8 % degli elettori. Agli altri interessa cosa propone il PD per il futuro: dove trovare le risorse per l’indispensabile salario di cittadinanza? Come redistribuire la ricchezza prodotta per riequilibrare lo sconcio degli ultimi venti anni? Come combattere l’economia sommersa e la penetrazione della malavita che sta distruggendo quella sana? Facciamo queste proposte e vediamo chi è disposto ad affiancarci. La topografia dovrebbe essere un effetto della politica non la causa.

 

Paolo Serra Bologna

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Previsioni e lamentazioni Paolo Serra Unità 11 febbraio 2012

Previsioni, probabilità e realtà.

 Che la matematica sia la materia scolastica meno amata dagli italiani è un luogo comune, ed i luoghi comuni trovano quasi sempre giustificazioni nella realtà. La matematica richiede la sofferenza e la noia dell’analisi, mentre noi tendiamo a premiare le improvvisazioni più o meno fantasiose (ci siamo fatti affascinare dai Berlusconi e dai Vendola, mentre i Prodi e i Bersani, …che noia!, per poi cadere nelle braccia di Monti, ce lo siamo meritati). Il calcolo delle probabilità, che è alla base delle previsioni del tempo che giornalmente compulsiamo, specie in periodi come questi, si può tranquillamente ritenere la prova provata di questa nostra caratteristica, che, d’altronde, non è solo nostra ma appartiene generalmente alla specie homo sapiens, visto che deriva dal funzionamento del nostro cervello. Facciamo un esempio per chiarirci. Alla notizia: “ Domani è prevista pioggia, o neve, all’80%”, il nostro cervello, che come tutta la natura tende al risparmio energetico, al contrario della nostra cultura che tende al consumo smodato, non sta a scervellarsi tanto e sintetizza: “Domani piove”. Invece il messaggio corretto dovrebbe essere: “ Date le condizioni meteorologiche che stiamo riscontrando oggi, su 5 “domani” potrebbero essercene 4 piovosi ed uno asciutto, e nessuno può sapere se il domani “reale”  apparterrà al gruppo umido o a quello secco. E nessuno ne potrà mai essere certo neppure dopo la decimillesima o centomillesima volta che le condizioni odierne si presenteranno, la probabilità si avvicinerà sempre più alla certezza, ma non lo diventerà mai. Mettiamoci ora nei panni di un Sindaco che, di fronte alla previsione di una forte nevicata con probabilità 80%, debba decidere se chiudere o meno le scuole e se porre restrizioni al traffico privato. Se lo farà sempre sbaglierà una volta su cinque e gli elettori si ricorderanno solo di quella affibbiandogli, come minimo, il titolo di “ drammatizzatore rompic….”. Se non lo facesse mai, si prenderebbe quello del “menefreghista, tanto lui se ne sta col c… al caldo, mentre noi…”. In queste condizioni c’è da stupirsi del fatto che ci sia ancora qualcuno disposto a candidarsi, specie nelle grandi città. E allora, cari concittadini, lasciamo che vengano prese le decisioni da chi ne ha l’onere, secondo il classico principio di precauzione, in nome di quella prevenzione degli eventi alla quale l’Italia non è educata, proviamo a cominciare ad amare un po’ la matematica, ed affrontiamo i disagi con un po’ più di consapevolezza.

Paolo Serra

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TAXI DRIVERS UN’IDEA PER LIBERALIZZARE paolo serra l’unità 22 gennaio 2012

TAXI  DRIVERS

Dal punto di vista dei consumatori la necessità di liberalizzare il settore dei taxi è evidente. Altrettanto evidente che oltre 20.000 taxisti, che hanno dovuto investire decine o centinaia di migliaia di euro per una licenza (per il 2011 a Bologna si parla di 250.000 euro), ne avrebbero un danno che considerano iniquo ed insopportabile. La proposta del Governo pare sia quella di compensare il danno assegnando loro parte delle nuove. Non sembra risolutiva perché rimarrebbe in piedi la causa prima del coagularsi di questo blocco corporativo, la compra-vendita di licenze che dovrebbero essere individuali e scadere automaticamente al termine dell’attività. Che fare, dunque? Rassegnarsi ad assistere ad un lungo braccio di ferro con serrate dei taxisti (erroneamente chiamate scioperi), blocchi stradali più o meno leciti, fino agli immancabili episodi di violenza e controviolenza? La soluzione ci sarebbe. Azzerare la situazione comprando tutte le licenze esistenti, Comune per Comune, e rimettendole sul mercato all’asta in affitto nel numero necessario per ottimizzare il servizio. I contratti potrebbero avere durata di 8 anni, per l’ammortamento del mezzo, e gli affittuari avrebbero priorità per l’eventuale rinnovo. Questa soluzione, però, cozza con lo stato delle finanze comunali. Prendiamo il caso di Bologna dove ci sono 706 taxi e le chiamate sono circa 1.200.000 al centralino (4/5 al giorno a testa), cui vanno aggiunte quelle ai posteggi e gli accessi diretti, e il giro d’affari dichiarato di circa 30.000 euro a taxi (80 euro al giorno, 8 corse a 10 euro di media). Se il Comune dovesse comperare 706 licenze a 250.000 euro l’una avrebbe bisogno della spropositata cifra di 176 milioni di euro ed ammettendo un canone di 8 euro al giorno incasserebbe 2 milioni l’anno (poco più dell’1% del capitale investito). Niente da fare, allora? In realtà, però, alla emissione le ultime 41 licenze sono state emesse a 150.000 euro l’una (in gran parte redistribuiti alle esistenti)  e le precedenti a costo zero. Si tratta di stabilire quale sia l’equo prezzo di ciascuna licenza, cioè il costo di acquisto iniziale detratto il canone virtuale per ogni anno di utilizzo, diciamo 3000 euro l’anno. Così si indennizzerebbe il costo reale della licenza ed i taxista rinuncerebbe solo all’atteso lucro della futura rivendita. Non siamo in grado, ora, noi, di fare i reali conti, in quanto non sappiamo quante licenze siano ora ancora in mano al primo intestatario, né quante ne siano state scambiate e a quali prezzo, ma i contratti sono registrati e non dovrebbe essere difficile arrivare alla cifra necessaria. Abbiamo, però, anche, la sensazione, che un migliaio di licenze in affitto spunterebbero, oggi, più di 3000 euro l’anno.  Forse, allora, la proposta non è così impercorribile.

Paolo Serra    www.tizianagentili.it

 

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L’ARIA MALATA – paolo serra unità 05-01-11

Polveri fini sulla Pianura Padana

Quelle nuvole di smog che soffocano la Pianura

Quella che state vedendo a fianco dell’articolo è una immagine dal satellite della Pianura Padana, luogo geografico realmente esistente da non confondere con la fantasia storico-politica di Bossi. E’ una fertilissima pianura dove la specie homo sapiens vive da millenni popolandola progressivamente fino ad aver raggiunto la rispettabile cifra di  31 milioni di abitanti. La sua conformazione orografica ne fa una scatola rettangolare chiusa fra le Alpi e gli Appennini con una unica uscita nel mare Adriatico, poco più che un canalone anch’esso senza sbocchi fino ad oltre il Gargano. Scarsamente ventilata e soggetta ad inversione termica nei momenti di alta pressione atmosferica, ogni giorno al suo interno si possono accendere fino a 15 milioni di motori di autovetture, quasi due milioni di veicoli commerciali, ed oltre due milioni di motocicli, ai quali vanno aggiunte 46 centrali termoelettriche e 30 termovalorizzatori, più gli stabilimenti industriali e, nei mesi freddi, almeno 15 milioni di caldaie domestiche o di comunità, senza dimenticare un numero non quantificabile di motori agricoli o per giardinaggio.

L’effetto complessivo è facilmente ricostruibile esaminando bene l’immagine. Quella che probabilmente avete scambiato per una lieve copertura nuvolosa, che si protende fin quasi sull’Istria e ben oltre il Conero, purtroppo non è uno strato di nuvole nell’atmosfera, sono le tristemente famose polveri fini, le PM 10 e 2,5 che infestano l’aria che respiriamo e che si cerca di contenere con i velleitari blocchi della circolazione del giovedì. E’ come vuotare il mare con il secchiello del pargoletto e, fino a quando non pioverà e verranno portate sul terreno, l’unica fonte di depurazione esistente sono gli alveoli polmonari nostri e degli animali, i vegetali riescono a captare la CO2 ma sulle polveri possono nulla. Per fortuna ciascuno di noi ne ha circa 70 mq, in tutto fanno più di 2 miliardi di mq, cioè oltre 2mila kmq, circa la superficie della provincia di Reggio Emilia, ma se ci aggiungiamo gli animali da allevamento e quelli liberi possiamo forse ipotizzare di aumentarla di 5 o 6 volte.  La pratica, però, come ben sappiamo, non è affatto igienica e si trasforma in un ampio ventaglio di malattie respiratorie cronicizzanti.

Non c’è nulla da fare? Dobbiamo abituarci a respirare questa roba pena la decadenza economica? Non necessariamente, ci sono molte cose che le Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, assieme a Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, possono fare. Per primo darsi uno strumento di coordinamento permanente perché l’aria non conosce confini amministrativi, poi lanciare un piano di rilancio integrale e capillare del trasporto ferroviario locale, agevolare il trasporto merci su ferro e tassare quello su gomma, agevolare l’edilizia ecologica ed il recupero di quella storica, imporre standard restrittivi alle attività produttive e commerciali, infine convertire le centrali termoelettriche a nuove tecnologie. Un programma impressionante per difficoltà tecniche e finanziarie che non potrà essere sviluppato senza uno sforzo congiunto con l’U.E. che ha altre due aree paragonabili alla nostra, la valle del Reno e quella del Tamigi. Aree con le quali scambiarsi esperienze visto che hanno cominciato ad affrontare il problema prima di noi.

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