La mobilità e il trasporto pubblico della città metropolitana
Bologna sala Silentium vicolo Bolognetti 2
18 gennaio 2013
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Primarie: una medicina con controindicazioni
Le primarie, si sa, sono una medicina contro la debole capacità dei partiti di selezionare il meglio per le cariche pubbliche, debolezza organica che deriva dalla fisiologica resistenza al cambiamento di ogni tipo di struttura. Come tutte le medicine vanno prese nei tempi, modi e quantità giuste e stando bene attenti agli inevitabili effetti collaterali, che non sono certo un mistero. Si sa che il micropopulismo radicato in un territorio, in una organizzazione, o in una professione giusti batterà naturalmente le professionalità o le capacità individuali. Un calciatore vincerà sempre contro un pattinatore a rotelle, un cardiologo o ginecologo, batterà sempre un dentista, un operatore sociale batterà sempre un ricercatore universitario, un esponente di partito che inizia la campagna un anno prima degli altri batterà sempre chi si è deciso a partecipare alla data ufficiale. Quando si è malati, però, e mi sembra che nessuno possa negare che il sistema partiti sia malato, in Italia più che nel resto del mondo, si deve prendere la medicina anche se è amarognola e, magari, ha qualche spiacevole controindicazione. Le proteste di chi ha voluto le primarie parlamentari con tutte le forze ed ha imposto regolamenti di protezione per supposte minoranze di genere mi paiono tutte fuori luogo, se un partito non rispetta regole e patti che si è dato che tipo di fiducia può chiedere agli elettori sul rispetto di patti e regole all’interno delle istituzioni? Se, poi, come pare, la regola dell’alternanza di genere si applica a Modena e si disattende a Bologna, per qualsiasi buona o cattiva ragione, il minimo che ci si possa aspettare è una benevola accusa di “confusione”…
Peraltro i problemi della rappresentatività perfetta e dell’eccesso di viscosità dei corpi eletti è millenario e mai risolto. Gli ateniesi, ma anche, comuni rinascimentali come Bologna, Firenze e la repubblica di Venezia, addirittura estraevano a sorte i componenti delle assemblee civiche per garantirsi il ricambio ed abbassare il livello di “affezione” degli individui al potere dato dalle cariche pubbliche. Anche oggi abbondano gli studi socio-politici sulla maggiore efficienza complessiva di una istituzione, ma anche di qualsiasi struttura umana complessa, dove una parte dei componenti sia scelta dal caso e non da elezione o cooptazione. Nel mondo anglosassone ne stanno discutendo seriamente… Per chi vuole approfondire consiglio la lettura dell’articolo “L’efficienza del caso” sulla rivista “Le Scienze” gennaio 2013 che condensa il libro “Democrazia a sorte” degli stessi autori (ed. Malcor – Catania 2012).
Confusione
Si sta facendo un po’ troppa confusione fra il voto alle politiche e quello alle primarie della coalizione di centrosinistra, che non sono due realtà omogenee. Il primo è un diritto garantito dalla Costituzione che ogni detentore dei diritti civili deve essere libero di esercitare, il secondo è una possibilità che una libera associazione di cittadini offre a chi si senta di aderire ad un programma e a delle regole. Programma e regole erano scritte nero su bianco al momento della presentazione dell’offerta, la possibilità di adesione era aperta a modalità sia fisiche, presentandosi ai Centri di iscrizione, sia telematiche attraverso un modulo reperibile sul sito del PD. Gli interessati hanno avuto 22 giorni di tempo per esercitare l’opzione. Dovendo ricorrere ad un secondo turno di ballottaggio chi non ha potuto iscriversi, e non chi non ha potuto votare, nei 22 giorni previsti può farlo durante una nuova finestra di due giorni giustificando l’impedimento. Ora il secondo candidato chiede di riaprire le iscrizioni indiscriminatamente per omogeneità con le elezioni istituzionali. Omogeneità che, mi sembra, è assolutamente inesistente. Mi sarei atteso, al contrario, di veder proposto un elenco di cause logiche di impedimento, cosa nient’affatto facile per la durata del periodo e per la doppia modalità concessi. Meditando a lungo non sono riuscito a trovarne, l’ho chiesto su Facebook ma non ho ricevuto risposte. Neppure ho ricevuto risposte sulle ragioni per cui un elettore che non ha volontariamente aderito al primo turno dovrebbe, improvvisamente, accorgersi di apprezzare il programma della coalizione, che non è cambiato, e sceglierne il candidato più adatto fra i due rimasti in lizza. La malizia mi induce a ipotizzare che non siano facilmente confessabili, spero sinceramente di sbagliarmi. Lo sapremo, presto, dal comportamento del perdente nei giorni successivi al 2 dicembre…
REGOLAMENTO: (art 14) iscrizioni all’albo dal 4 al 25 novembre, eccezione per cause INDIPENDENTI dalla volontà;
PRINCIPI REGOLAMENTARI: (art 3/b) Il Collegio dei garanti DISCIPLINERA’ le modalità di iscrizione all’albo da parte di coloro che si sono trovati nell’impossibilità di registrarsi dal 4 al 25.
ESATTAMENTE QUELLO CHE E’ AVVENUTO
Primarie e pifferai magici
Un mio vecchio amico, compagno di scuola fin dalle elementari, mi ha confidato di voler votare alle primarie del centrosinistra. E’ uno dei tanti liberal-moderati bolognesi che, alle politiche, ha sempre votato qualche partitino satellite o la stessa DC, turandosi il naso, e, successivamente, Berlusconi, mentre alle amministrative votava la lista Due Torri. Unica eccezione il 99, quando votò Guazzaloca, e non ha ancora cessato di pentirsene. Ho dato per scontato che fosse attirato dalla candidatura di Renzi, invece mi ha risposto che voterà Bersani. Queste le sue due ragioni: la prima perché Bersani gli risulta l’unico uomo politico che durante la storia della Repubblica abbia cercato di innestare qualche pratica liberale nel corpaccio del consociativismo, vedi “lenzuolate”, ed intende premiarlo, la seconda perché, gravemente deluso da Berlusconi, che lui ora chiama il grande “pifferaio di Hamelin”, gli sembra di riscontrare in Renzi caratteristiche troppo simili, infatti lo chiama il piccolo pifferaio di Hamelin. Ricordando il finale della fiaba dei Grimm con i topi che scorrazzano per la città ed i creduli cittadini che finiscono annegati nel fiume, non ho potuto disconoscere al suo ragionamento una buona dose di congruità…
Paolo Serra
Renzi e il popolo PD
Come molti filosofi nel corso dei secoli avevano intuito, pare ormai anche fisiologicamente dimostrato che il cervello della specie Sapiens/Credulus funzioni per concetti, in parte innati, in parte acquisiti, che vengono continuamente paragonati con la realtà che giunge attraverso i terminali chiamati sensi. Ogni oggetto, persona, sentimento passa, dapprima ed inconsciamente, nel circuito primario, che decide, con una scarica ormonale istantanea, la qualità di base da assegnargli: odioso, antipatico, irrilevante, simpatico o, addirittura, empatico, e quindi lo incasella nella categoria appropriata. Passato il primo vaglio, decisivo, la diagnosi arriva alla corteccia cerebrale, sede del pensiero conscio, dove gli esaminati vengono riclassificati a seconda della quantità di ormoni che hanno stimolato e di ulteriori stimoli di tipo culturale. Si può scalare, avanti o indietro, nella qualità assegnata, ma non si può riuscire a farla cambiare. Quanti romanzi sono stati scritti, quante memorie sono state narrate, quante vite sono state condizionate da questo meccanismo! Ovviamente anche il popolo dei militanti del PD detiene nei propri neuroni il concetto del leader politico perfetto, concetto che la realtà dei candidati non riuscirà mai ad eguagliare ma cui deve necessariamente tendere, se vuole avere successo. Mi pare di capire, dalle reazioni all’ora di comizio di Renzi alla Festa dell’Unità di Bologna, che il candidato alle primarie rientri principalmente nelle due prime categorie, odioso e antipatico ed abbia qualche fan nelle ultime due, simpatico ed empatico. Se è così credo che la strategia di evitare la forma intervista per usare quella dell’one man show potrà, certo, galvanizzare i seguaci, ma gli sta stampando sulla spalla un marchio di infamia, come il giglio di Francia su quella della perfida Milady…