La fiducia al governo Letta andava votata perché in questa fase drammatica il paese ha bisogno di un governo, perchè quel voto significava anche prendere atto della evidente sconfitta di Berlusconi e infine perché prima di tornare al voto occorre cambiare la legge elettorale.
Ciò non toglie che questo non sia il “nostro” governo.
Noi continuiamo a pensare che questo sia un governo motivato da uno stato di necessità e che le “larghe intese” siano in contraddizione con il programma di fondo del PD.
In quanto è accaduto non vediamo una nuova prospettiva strategica. Perciò non condividiamo l’enfasi posta su un cosiddetto “passaggio storico”, sulla “fine del ventennio” e tanto meno l’idea che sia nata una “nuova maggioranza politica coesa”. Tutto ci pare invece molto precario, come dimostrano in questi giorni le contraddizioni apertesi su vari fronti.
Continuiamo a pensare che il PD sia nato come soggetto politico dell’alternativa nella logica del confronto bipolare tra centrodestra e centrosinistra, tra chi ritiene necessario rovesciare il paradigma neoliberista che ha portato alla crisi attuale e tornare a porre la dignità del lavoro a fondamento del patto di cittadinanza e chi vorrebbe buttare a mare i principi fondamentali della nostra costituzione. Vediamo quindi con preoccupazione le rinascenti tentazioni neocentriste, esistenti anche nel PD. Questo a noi pare il vero tema del congresso.
Discriminante, a breve, sarà il tema della legge elettorale: il PD deve battersi per una legge elettorale che assicuri governabilità nella logica del bipolarismo maturo. Perciò va introdotto il doppio turno, di collegio o di coalizione, escludendo ogni ritorno al proporzionalismo che ci condannerebbe a un regime di “larghe intese” perenni.
Infine siamo per un partito aperto e inclusivo. Perciò ci siamo battuti per salvaguardare la norma dello statuto che stabilisce il ricorso alle primarie per l’elezione del segretario. Non vogliamo però neppure un partito liquido, notabilare e ridotto alla somma di comitati elettorali, ma un partito che sia luogo di senso per chi lo abita e diventi strumento di effettiva partecipazione dei suoi aderenti e simpatizzanti alla vita politica. Perciò vediamo con grande favore la sperimentazione tra gli aderenti di referendum tematici sulle scelte più controverse.
Tra le piattaforme presentate al Congresso riteniamo che le più coerenti con le nostre posizioni e con quelle contenute nel documento “Nel solco dell’Ulivo” presentato dai “Democratici davvero” siano quelle espresse da Pippo Civati.
Non ci convincono il nuovismo dai tratti oscillanti e incogniti di Renzi, nè gli orientamenti oggettivamente nostalgici di vecchie appartenenze che si aggregano attorno a Cuperlo. Preferiamo l’”aria libera” che aleggia attorno alla candidatura di Civati , che ci appare come una boccata d’ossigeno in un clima reso soffocante da troppi posizionamenti tatticistici e fidelizzazioni pregiudiziali.