AEROPORTO TRENO BATTE MONOROTAIA paolo serra l’Unità 21 luglio 2011

SFM ASSETTO FINALE

SFM vs MS (treni locali contro people mover)


Ha avuto buon gioco il giovane, e sveglio, assessore Colombo nel dimostrare che fra l’uso del Marconi Express (ME), così è stato battezzato il people mover fra la Stazione Centrale di Bologna,  e l’aerostazione del Marconi, che fa il percorso in 11 minuti complessivi, e quello della Stazione SFM del Bargellino, 35 minuti, ci  sono ben 24 minuti di vantaggio. Minuti che giustificano, secondo la Giunta, l’investimento di oltre 90 milioni e gli 8 euro di biglietto. Il fatto è che il confronto ME/SFM non va fatto sul Bargellino, che dista dall’aerostazione poco meno della Stazione Centrale ma sulla stazione di via Bencivenni a cavallo delle due linee Bo-Mi (SFM 5) e Bo-Vr (SFM 3), chiamata, per l’appunto “Aeroporto” già costruita al grezzo, compresi tutti i sottopassi ciclopedonali e le rotatorie stradali, poi sacrificata sull’altare prima della metropolitana sotterranea di Guazzaloca e poi del people-mover di Cofferati. La stazione si trova su via Bencivenni, attaccata alla nuova rotatoria, a 1200 metri dall’attuale aerostazione ed, addirittura, a soli 800 metri dalla nuova aerostazione prevista per il 2018 dal Master Plan presentato dalla SAB il 27 giugno scorso, di cui pare che i progettisti del ME non fossero a conoscenza, tanto per cambiare. In tal modo essendo la frequenza dei treni SFM di 15 minuti, l’attesa media diventa di 7 e 30, ed il percorso di 6, sono 13 minuti e mezzo ai quali va aggiunto il tempo per percorrere via Bencivenni, con un bus navetta, o con un marciapiede mobile a costi molto contenuti. Inoltre utilizzando sia SFM 3 che SFM 5 da 19 stazioni i passeggeri non sarebbero costretti a passare dalla Centrale. E parlo di Bologna San Ruffillo, Mazzini, Rimesse e Prati di Caprara (quasi metà della città), oltre, ovviamente da tutte quelle sulla linea 3 fino a Mirandola,  e sulla 5 fino a Modena. Per non parlare delle linee del Servizio Regionale, attraverso la Stazione Aeroporto il Marconi potrebbe essere raggiunto direttamente da Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Forli, Rimini, Ravenna e di quelle interregionali Verona, Milano, Pesaro, Ancona, Firenze. Siamo proprio certi che il Marconi Express sia così conveniente e razionale? Ed il SFM non diverrebbe così, finalmente, realmente strategico come sentiamo ripetere vanamente da oltre 15 anni? Con i capitali risparmiati, per esempio si potrebbe raddoppiare la galleria dell’interramento della Bologna-Budrio, ora prevista solo ad un binario per un poco lungimirante senso del risparmio.

Paolo Serra  mad9921@iperbole.bologna.it

SUI TEMPI MONOROTAIA BATTE TRENO

Unità 22 luglio 2011

Come abbiamo chiarito pubblicamente in Consiglio comunale, il people mover resta a nostro avviso la soluzione più fattibile ed efficiente nel collegare Stazione e Aeroporto, per una pluralità di motivi, che rendono sconveniente l’uso del SFM.

Anzitutto, i tempi sono sensibilmente inferiori: è stato calcolato che in treno servirebbero in media 21’ o 35’ (a seconda che la stazione d’arrivo sia Borgo Panigale oppure Bargellino), contro i 10’ del people mover. Considerando che ormai in mezz’ora si va dalla nostra città a Firenze, non è pensabile impiegare quasi lo stesso tempo per 5 km (la distanza tra la stazione e il ‘Marconi’).

Ma soprattutto, all’esperto di lunga data Paolo Serra, intervenuto ieri sul vostro giornale, non sfuggiranno le criticità della “rottura di carico”, ossia l’estrema scomodità di due diversi sistemi di trasporto. Arrivati alla stazione SFM da Bologna Centrale, infatti, gli utenti dovrebbero scendere dal treno e salire su una navetta per il restante tratto fino all’aeroporto, operazione assai disagevole tanto più per persone che di solito portano con sé bagagli.

C’è poi anche l’aspetto economico, finora sottovalutato. I costi di esercizio ferroviario sono molto più elevati rispetto a quelli di una tecnologia più leggera come il people mover, che peraltro, a differenza del treno, conta su un investimento preponderante di privati (72 milioni € su 100). In più, vanno conteggiati gli oneri per la costruzione e gestione del collegamento aggiuntivo per coprire l’itinerario stazione SFM-aeroporto.

Non sono inoltre da considerare marginali le perturbazioni, tipiche del traffico ferroviario in ingresso/uscita da Bologna, a cui sarebbe soggetta la connessione via treno. Un utente che per definizione ha bisogno di puntualità (per prendere in tempo un aereo/treno) difficilmente sarà disposto ad arrivare in ritardo. Il people mover, girando in sede riservata, garantisce quella regolarità e tempestività, che l’ipotesi-treno può offrire solo con ulteriori binari (ma allora si tratterebbe di realizzare un’opera nuova, con costi e tempi assai rilevanti, non di sfruttare l’esistente).

Ancora, l’ora di punta, cioè la fascia in cui si concentrano gli spostamenti e in cui quindi va assicurata la massima capacità e frequenza dei mezzi, può risultare assai diversa per l’utenza del SFM rispetto a quella aeroportuale; col  rischio di avere un servizio debole a fronte di una domanda forte, e viceversa.

Rispetto all’utilità, appetibilità e sostenibilità dell’opera, consideriamo infine che già nel 2010 il “BLQ”, la navetta bus stazione-aeroporto, ha trasportato 853mila persone, cioè più di quelle previste il primo anno per il people mover, che però sarà molto più confortevole e ci metterà un terzo del tempo, a sostanziale parità di costo del biglietto.

Andrea Colombo Assessore alla Mobilità del Comune di Bologna

 

SE SI PUNTA DAVVERO SUL TRENO

Unità 24 luglio 2011

Caro Colombo,

i lettori dell’Unità hanno letto il mio articolo e la tua replica ed hanno quasi tutti gli elementi per giudicare se sia meglio  il Servizio Ferroviario Metropolitano od il Marconi Express (SFM vs ME). Mi premono, però, alcune precisazioni. Io non ho paragonato il ME con le stazioni del Bargellino (linea 3-frequenza 30 minuti) e di Borgo Panigale-Scala (linea 5-frequenza 30 minuti), bensì con la stazione Aeroporto a cavallo delle due linee (frequenza complessiva 15 minuti) ed ho solo accennato ai treni del servizio regionale (SFR) anch’essi con frequenza 30 minuti. A SFR più SFM implementati (nel 2013) la frequenza di treni da e verso il Marconi sarà di 10 minuti con un tempo di attesa medio di 5 e di percorrenza di 6, totale 11. Treni che gireranno indipendentemente dall’esistenza dell’ME ed i cui costi di esercizio graveranno già sulla comunità. Proprio per questo sarebbe bene sfruttarli al massimo visto che le ore di punta del Marconi (dalle 11 alle 14) non mi pare siano in sovrapposizione a quelle del pendolarismo.  Quanto alle altre obiezioni mi pare che non siano troppo ben fondate. Evitare rotture di carico? Ma obbligare tutti ad andare alla Stazione Centrale non è una rottura di carico? E tutti gli utenti che abitano a ovest del Marconi fino a Piacenza e Mirandola? E per quelli di quasi metà Bologna che differenza fa andare alla Centrale per prendere il ME o andare alla Aeroporto e trovarsi  a 1200 metri dall’imbarco (per ora) e a 800 dal 2018? (senza contare che nel 2018 anche il Terminal del ME sarà ad almeno 600 metri dagli imbarchi). Oltretutto nel 2013 la Stazione Centrale riavrà tutt’e 16 i suoi binari di superficie più i 4 sottorranei dell’A/V, ed i disservizi dovrebbero essere eliminati. Se non sarà così è meglio che cessiamo di pensare di vivere in un paese civile. Per quanto riguarda il project financing non credi sarebbe meglio sospendere il giudizio visto che è in corso un’indagine della Corte dei Conti? Non fai cenno all’interramento della Bologna-Budrio ad un solo binario, mi piacerebbe conoscere il tuo parere. Comunque, sempre, “Viva il SFM”, come noto opera strategica prioritaria per Comune, Provincia e Regione da almeno 15 anni.

Paolo Serra

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APPELLO CANCELLIERI METROTRAMVIA 12 maggio 2010 (70 firme)

metrotranvia bologna percorso

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Al Commissario Governativo del Comune di Bologna,

e, p.c.,

alla Presidente della Provincia di Bologna,

al Presidente della Regione Emilia-Romagna,

ai Parlamentari bolognesi,

ai mass media bolognesi.

Gentilissima dott.ssa Anna Maria Cancellieri,

con D.L. 25 marzo 2010 n. 40 (art.4, comma 7), il Presidente della Repubblica ha revocato il finanziamento di 210 milioni concesso nel 2005 alla progettata metropolitana di Parma. La motivazione è la mancanza di domanda di trasporto necessaria per renderla economicamente compatibile. Nel decreto summenzionato si trova, al comma 8, una norma che dichiara che lo stesso finanziamento, dedotte le spese già effettuate sul progetto scartato, può essere devoluto, su richiesta del Comune, ad “altri investimenti pubblici”.

Anche a Bologna, nello stesso periodo, fu approntato un progetto analogo di metropolitana sotterranea. Le analogie si riscontrano anche nella mancanza di una domanda adeguata, specie nell’unica tratta finora completamente finanziata, quella che va dalla Stazione Centrale FS alla Fiera. La cosa fu riscontrata già nella primavera del 2001 dal Ministero dei Trasporti che la rilevò e tagliò la previsione del costo complessivo da 399 milioni a 292, e, di conseguenza, la parte statale da 240 a 175, suggerendo due opzioni, o adeguare i progetti, ricercando soluzioni economicamente più convenienti, ma tali da assicurare comunque la piena funzionalità dell’intervento, o reperire quote maggiori di cofinanziamento. La risposta della Giunta Guazzaloca fu l’eliminazione di alcune fermate, del deposito convogli e del numero stesso dei convogli in esercizio. La successiva Giunta Cofferati ha modificato sia la tecnologia, passando da guida automatica ad assistita, sia  il percorso della seconda tratta, che dalla Stazione non va più al parcheggio Staveco, bensì all’Ospedale Maggiore, dove dovrebbe salire in superficie per raggiungere Borgo Panigale.

Il Cipe, come Lei sa, ha confermato il finanziamento che consente solo il completamento della prima tratta, mentre per la seconda i fondi disponibili sono sufficienti  alla sola realizzazione del grezzo. Facciamo notare, però, che il problema dello svantaggioso rapporto costi-benefici della tratta sotterranea Stazione-Fiera non è stato affrontato a dovere, come si dovrebbe in tempi di “vacche magre” per i bilanci pubblici. Ciò che ci preme inoltre sottolineare è che, diversamente da quanto accaduto per il Comune di Parma, non risulta che all’Amministrazione comunale di Bologna sia mai stata offerta la possibilità di modificare il progetto di metropolitana mantenendo la gran parte dei finanziamenti statali (esclusi quelli già utilizzati per la copertura dei costi iniziali). Al contrario, nel 2005, il sottosegretario Baldassarri dichiarò che ulteriori modifiche al progetto avrebbero comportato la perdita definitiva dei finanziamenti. Questo vincolo, secondo noi, ha bloccato ogni altra ipotesi di revisione del progetto, suggerita dalla considerazione, da più parti paventata, che uno sforzo finanziario così imponente per il Comune di Bologna, aggiunta alle restrizioni dovute al Patto di Stabilità, avrebbe distolto eccessive risorse ai crescenti bisogni sociali della città. Problema che già oggi si presenta in tutta la sua evidenza e che è destinato ad acuirsi quando l’infrastruttura entrerà in esercizio e richiederà il ricorso ad ulteriori risorse economiche (ingenti, compresa la gestione delle stazioni sotterranee) in competizione anche con la rete di trasporti esistente.

Alla luce del Decreto di marzo riteniamo che, analogamente a quanto concesso al Comune di Parma,  sarebbe equo che anche al Comune di Bologna venisse offerta la possibilità di modificare il progetto di sistema di trasporto di massa mantenendo i finanziamenti statali deliberati dal Cipe. In altre parole, chiediamo che i fondi già stanziati siano utilizzati per portare tutto il percorso in superficie, diminuendo così fortemente sia la spesa prevista  che i tempi di realizzazione. E quanto sia urgente dotare la città di mezzi di trasporto pubblico di massa adeguati che siano competitivi rispetto all’uso dell’auto privata e quindi capaci di contribuire alla diminuzione dell’inquinamento atmosferico, ce lo conferma il dato che Bologna, nei primi mesi di quest’anno, ha già superato il numero limite di giornate in cui, nel corso dell’intero anno, è concesso dalla Direttiva europea di sforare i limiti di concentrazione delle polveri sottili PM10.

Dato il rapporto di circa 6 a 1 fra i costi della soluzione in tunnel e di quella in superficie, parte della differenza si potrebbe utilizzare per prolungare il percorso a nord-est fino al Caab-Pilastro e a nord fino a Corticella, risolvendo l’annoso problema del quadrante e del suo futuro sviluppo.

Sulla base di queste motivazioni ci appelliamo a Lei affinché possa intervenire per assicurare anche a Bologna la possibilità di riaprire il discorso sulla metropolitana, senza compromettere la disponibilità dei fondi già assegnati, come si è fatto a poche decine di chilometri di distanza con il Comune di Parma.

Un gruppo di urbanisti, economisti, trasportisti, ambientalisti bolognesi.

Bologna, 12 maggio 2010

Gli estensori:

Pietro Maria Alemagna – Alberto Croce – Giuseppe Campos Venuti – Andrea De Pasquale – Rudi Fallaci – Fioretta Gualdi – Rudy Lewanski – Giancarlo Mattioli – Mario Piccinini – Carlo Santacroce – Paolo Serra – Marco Spinedi – Silvia Zamboni

Hanno aderito:

Anna Alberigo – Roberto Amori – Daniele Ara – Aldo Bacchiocchi – Luca Biancucci – Enrico Boccaletti – Antonio Bonomi – Paola Bonora – Gabriele Caccia – Thomas Casadei – Sergio Caserta – Claudia Castaldini – Domenico Cella – Otello Ciavatti – Ivan Cicconi – Forte Clò – Giancarla Codrignani – Francesco Conversano – Claudio Delluca – Franco Di Biase – Anna Donati – Francesco Errani – Guido Fanti – Umberto Fonda – Giulio Forconi – Luciano Forlani – Claudio Gandolfi – Roberto Giorgi Ronchi – Federico Grazzini – Marco Guerzoni – Federica Legnani – Piergiorgio Licciardello – Franco Lombardo – Ennio Mandò – Stefano Marchigiani – Luigi Mariucci – Ugo Mazza – Paolo Masselli – Alice Morotti – Antonio Mumolo –  Paolo Natali – Paolo Nerozzi – Pietro Nigro – Matteo Pasquali – Nino Pizzimenti – Piergiorgio Rocchi – Francesco Sacchetti – Sergio Salsedo – Alessandro Sanna – Gianna Serra – Simone Spataro – Stefano Stanghellini – Filippo Taddei – Ermanno Tarozzi – Giorgio Tufariello – Alessandra Vecchietti – Giampiero Veronesi.

 

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“Scuola di politica o di democrazia?”

Da almeno una trentina d’anni, uno dei problemi più grossi dei partiti, forse la base di tutti i problemi, sta nella selezione dei  dirigenti e dei candidati alle cariche pubbliche. E’ naturale che organismi o strutture, in mancanza di sollecitazioni esterne, tendano inevitabilmente a replicarsi sempre il più possibile uguali a se stessi. I partiti, ma non solo, anche le aziende, l’università, l’intera compagine sociale restano paralizzati dal conformismo, unico metro di misura accettato. Finita la leva della lotta contro il nazi-fascismo tutte le democrazie hanno conosciuto un decadimento morale e culturale dei loro esponenti politici. Fra i rappresentanti ed i rappresentati si registra un distacco crescente dovuto certamente, anche se non solo, alla difficoltà di selezionare personale politico adeguato, sia per personalità sia per capacità di interpretate le variazioni dell’ambiente sociale. Questo è ancora più grave per i partiti della sinistra, o comunque progressisti, che sono pressoché l’unico strumento a disposizione degli strati sociali che rappresentano, mentre destre e conservatori rappresentano strati che, possedendo a ridondanza rappresentatività economica e sociale, possono tranquillamente fare anche a meno di quella politica (gli va bene chiunque, basta che non tocchi i loro interessi). Proprio per affrontare questa debolezza, direi genetica, il PD ha iniziato ad utilizzare lo strumento delle “primarie”, più o meno aperte, con procedure molto incerte ed esiti incostanti, mentre si sarebbe dovuto copiarle integralmente da chi le ha sempre usate. Primarie che, comunque, hanno fatto entrare fiotti di aria fresca, o, almeno, diversa, nel partito e nelle istituzioni. Ma le primarie, come le preferenze, più che la capacità politica misurano la popolarità individuale (non necessariamente la stessa cosa) e restano sempre a grave rischio di essere contaminate da eccessi deteriori di populismo più o meno spicciolo. Ora il segretario del PD bolognese, propone di ripristinare, in forma aggiornata, le mitiche “Scuole di Partito” del PCI, indispensabili negli anni 50 per alfabetizzare centinaia di quadri armati più che altro di buona volontà e coscienza di classe. Propone una “Scuola di Politica”, con accesso per concorso e tanto di esaminatori. In tutta franchezza faccio un po’ fatica a pensare che la “politica” possa essere imparata attraverso una scuola. La politica si vive direttamente sul campo. Inerisce, come sappiamo, molto più i sentimenti che la ragione, ed i sentimenti forse si potranno insegnare ma certamente non si imparano, si vivono. Spero che la stampa abbia per obbligo di concisione equivocato e frainteso fra politica e democrazia. Questa sì che andrebbe imparata in una scuola apposita! Ho la sensazione che, da molti anni, troppi che sono “entrati in politica” non siano molto avvezzi ai fondamentali della democrazia, pilastri della nostra Costituzione. Divisione ed equilibrio dei poteri, rispetto reciproco fra maggioranze e minoranze, etica personale come prerequisito, concetto di “bene comune” diverso dalla somma della utilità individuali o di gruppi, mi sembra che, anche dalle nostre parti, purtroppo, abbiano ceduto troppo il passo a “lotta con ogni mezzo per acquisire potere” ed “uso del potere per fini ed interessi personali”. Se sarà questa la scuola di cui parlano  Raffaele Donini, e Giorgio Galli, una sicurezza in proposito, ben venga, ma, attenzione a non creare una leva di professionisti che possano, con la stessa efficacia, sposare qualsiasi causa e sostenere qualsiasi tesi o, peggio, una nuova generazione di conformisti, questa volta addirittura patentati.

Paolo Serra

pubblicato il 3 giugno 2011 sull’Unità di Bologna

 

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Nel 2011 più donne nelle istituzioni

Mi chiamo TIZIANA GENTILI, sono nata e vivo a Bologna da 53 anni. Sono laureata in Scienze Politiche con Master in  Programmazione, Gestione e Valutazione dei Servizi Sanitari. Sono  sposata con Paolo Serra ed ho un figlio, Dario, studente universitario. Sono CANDIDATA al CONSIGLIO COMUNALE di Bologna, alle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011, nella lista del PARTITO DEMOCRATICO.

Negli anni 80 fui una giovane Coordinatrice della Commissione Cultura dell’allora esistente Quartiere Lame, poi, con un “percorso di cura” simile a quello di molte altre donne, durante gli anni dell’infanzia di mio figlio e della non autosufficienza degli anziani della famiglia, ho abbandonato l’attività istituzionale, mantenendo però la militanza all’interno del partito. Con una grande voglia di reagire al deplorevole stato in cui versa il nostro Paese, nel 2009  sono stata eletta nel Consiglio del Quartiere Navile coordinandone la Commissione Bilancio e mettendo a frutto le mie esperienze professionali all’Ausl di Bologna, nella cui amministrazione  lavoro dal 1977.  Nel 2010 sono stata tra le promotrici della Conferenza della Donne del PD Navile e credo che una maggior presenza di figure femminili nelle istituzioni sia una strada obbligata non solo per aumentarne i tassi di rappresentatività e democraticità ma anche per offrire ai cittadini garanzie ulteriori di eticità e trasparenza.

Mi propongo, quindi, se eletta, di porre tutte le mie energie ed esperienze per contribuire ad aprire il Bilancio del Comune e le sue procedure amministrative alla massima comprensibilità da parte dei cittadini sulla scia delle esperienze già iniziate con i Bilanci di Genere, Sociale ed  Ambientale che, da mere rendicontazioni contabili, dovrebbero divenire strumento di autocontrollo e programmazione della “macchina comunale” e di dialogo con la città. Città troppo spesso, e spesso malamente, informata solo da organi di stampa e da televisioni non certo disinteressati. L’obiettivo finale è quello di giungere a semplici e chiare procedure di “Bilancio partecipato” alla stregua di esempi e sperimentazioni da tempo esistenti in vari paesi ed in alcune altre città emiliane, anche utilizzando le risorse che il web ci mette a disposizione. La vicinanza dei cittadini al Comune ed alle complesse problematiche del finanziamento della spesa divengono ancor più importanti nella prospettiva della trasformazione della Provincia in Area Metropolitana e dei Comuni in Municipalità, traguardo non più dilazionabile al fine di poter affrontare con strumenti dalle dimensioni e caratteristiche adeguate alla complessità dei bisogni e delle richieste dei cittadini.    ./.

Per questo il 15 e 16 maggio mi sento di chiedere a tutti gli elettori di Bologna di scrivere “TIZIANA GENTILI” sulla scheda azzurra.

 

Ma Bologna ha anche bisogni “di cura”, è una città troppo rumorosa, assediata dai gas di scarico e dalle polveri di un numero eccessivo di automezzi e dalle caratteristiche urbanistiche (portici) e geografiche (posta in un area a scarsa ventilazione) che richiedono attenzioni speciali. Bologna è ancora dotata di un sistema di raccolta rifiuti che non ne consentono il riciclo od il recupero che in minima parte. Prodotti a grave rischio ambientale, come quello dei lubrificanti e degli oli di cottura usati non sono adeguatamente regolamentati e vengono troppo spesso abbandonati nell’ambiente. La conversione energetica nel centro storico è praticamente bloccata. L’aeroporto Marconi, molto vicino alla città, rappresenta una risorsa ma sta tornando a diventare un problema ambientale per almeno un terzo dei bolognesi. Il pendolarismo di quasi 140.000 persone al giorno e la presenza di molte decine di migliaia di cosiddetti city users (studenti  fuori sede ed altri) costituiscono problemi la cui soluzione richiede investimenti ed equilibrio. Al Servizio Ferroviario Metropolitano vanno assegnate molte più risorse di quelle che ha avuto fino ad ora per portarlo ad un medio livello europeo, l’uso della città va controllato impedendo l’impossessamento di intere zone da parte di gruppi o individui. Vorrei veder tornare la nostra città fra gli esempi di lungimiranza amministrativa che ne fecero la gloria ormai troppi decenni fa.

Bologna e le sue acque.

Bologna giace fra il Savena e il Reno, due fiumi medio piccoli a carattere torrentizio. Malgrado ciò, già nel Medioevo la variabilità della disponibilità dell’acqua fu tanto brillantemente superata, grazie ad un raffinato quanto imponente sistema di chiuse e canali, da farla diventare una vera e propria città d’acque, da determinarne la ricchezza per almeno sette secoli. Oggi da ogni parte si invoca un nuovo rinascimento urbano. Io credo che dovrebbe basarsi sul recupero di questa storicità. Gli alvei del Reno e del Savena, vanno liberati da qualsiasi insediamento che ne impedisca la messa a parco, Questo comporta la soluzione di problemi annosi, come le presenze Sintexcal, Valli Zabban ed altre, che richiedono non solo volontà politica ma anche sforzi finanziari. Al Canale del Savena va assicurata una portata d’acqua costante per evitarne la secca estiva che annualmente ne stermina fauna e flora. Il Parco del Canale Navile andrebbe completato per assicurarne la totale agibilità ciclo-pedonale da Corticella al Cavaticcio (Mambo) e collegato alla zona dei Laghetti del Rosario da trasformare in Parco Acquatico secondo il progetto presentato da Uisp. La rete dei canali, Reno, Moline, Ghisiliera, ed i torrenti Ravone ed Aposa andrebbe detombata ovunque possibile, certamente in via Riva di Reno. Un piano generale per ricreare la Bologna delle acque è un tipico esempio di proposta bipartisan che, appoggiata da tutte le forze politiche e civiche, credo non avrebbe soverchie difficoltà ad ottenere consistenti fondi dall’Unione Europea.

 

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“LUCCARINI IL RIFORMISTA EMILIANO”

Riformisti all’emiliana

 

Il 17 aprile scorso è deceduto, con discrezione, come sempre era vissuto,  Mentore Luccarini. Aveva 91 anni ed era stato un perfetto “campione” di quella “razza” di comunisti emiliani riformisti che ha rappresentato nella seconda metà del novecento la spina dorsale di un partito che veniva ammirato in tutto il mondo, compresi coloro che lo avversavano. Nato a Monteveglio da famiglia bracciantile si era trovato a ventanni militare nei carristi. L’8 settembre del 43, gettata la divisa tornò alle sue terre e divenne il partigiano “Gigi” nella 63° brigata Bolero Garibaldi combattendo tra le colline di Monte San Pietro. Nel 44 si iscrisse al PCI. Legato visceralmente alla terra il CLN lo incaricò segretario della Lega dei contadini ed assessore del suo comune. Nel 47 si trasferì a Bologna nella Federbraccianti fino a diventarne, dal 52 al 60, segretario ed a farne un organismo unitario con i mezzadri animato da uno spirito riformatore citato anche nel bel libro “Cronache dall’Emilia rossa” di Guido Fanti e Giancarlo Ferri. Dal 51 al 70 fu Consigliere in Provincia dove operò incessantemente per immettere idee imprenditoriali in quel mondo agricolo, istintivamente conservatore,  che conosceva bene. Per un mandato divenne Assessore e Capo gruppo del PCI. Ma non poteva certo contentarsi di lavorare nelle istituzioni. Dal 60 era entrato nella Cooperazione agricola, segretario ed anima del raccordo diretto, senza grossisti intermediari, fra agricoltura e distribuzione commerciale. Raccontava di due anni in Sicilia, dal 70 al 72, Commissario delle Coop Agricole in grave crisi, anni di fuoco, come potete immaginare.  Io l’ho conosciuto a cavallo del millennio, quando i suoi occhi avevano già visto tre quarti di un secolo ed il suo fisico risentiva delle eccessive sigarette che costantemente apparivano fra le sue dita. Senza quelle forse sarebbe divenuto centenario ma, contemporaneamente, non sarebbe stato il “Lucaren” che conoscevamo. Gentile  e composto di modi, come il suo idolo Berlinguer, ma inesauribile nel sostenere le proprie idee. Decine e decine di personaggi come lui, schivi e lavoratori, hanno contribuito a creare il mito dell’Emilia rossa e riformista. Un mito un po’ traballante, oggi, specie nel Capoluogo di Regione. Ricordarne uno per ricordarli tutti e prenderne l’esempio mi pare utile quanto doveroso.

Paolo Serra      www.tizianagentili.it

 

 

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