SFM 2012 – ULTIMA CHIAMATA Intervento al tavolo Ambiente del Piano Strategico Metropolitano 3 maggio 2012 Fioretta Gualdi

Rappresento il gruppo di tecnici e cittadini che ha scritto quel documento: SFM 2012- ULTIMA CHIAMATA, che ha raccolto più di 500 FIRME.

Abbiamo un sogno ambizioso: una mobilità efficiente e sostenibile.

Questo sogno, nell’area metropolitana di Bologna, si identifica in buona parte con il Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM): 8 linee che si diramano nel e dal capoluogo, 350 km di binari e 87 stazioni, capaci di servire l’88 % dei residenti dell’area metropolitana.

Ma non è solo un sogno visto che in parte un servizio esiste e funziona, con incrementi di utenza del +58% e punte del +128% dove i miglioramenti sono stati più consistenti.

Ma non basta aumentare il numero di corse su qualche linea per dire che si è realizzato il SFM, se non ci sono cadenzamenti perfetti, se non ci sono servizi passanti, se le corse continuano ad avere certe percorrenze in un senso ed altre nel senso opposto, se non si completano le fermate dentro Bologna, se non si arriva rapidamente al titolo di viaggio unico, per citare solo le condizioni più importanti. In questo senso il SFM ancora non esiste!

Possibile che nonostante siano passati 18 anni dal primo Accordo del 1994, non si sia ancora certi di riuscire a completare il SFM nei modi e nei termini previsti? Che non si sappia ancora per esempio se il nodo di Bologna possa o meno assicurare le linee passanti come previsto, dopo 18 anni? Viene purtroppo da pensare che della capitale importanza di realizzare il SFM come previsto nel progetto e negli Accordi (ben 3 dal 1994 al 2007) non ci sia sufficiente consapevolezza nelle Istituzioni e nelle società di gestione dei servizi, ed è questa la cosa più preoccupante.

(Secondo noi) Il PSM deve decidere se confermare il SFM come “rete strategica portante del trasporto pubblico dell’area metropolitana bolognese”, come tutti gli strumenti di pianificazione prevedono da molti anni.

Se tutte le Istituzioni condividono veramente questa decisione debbono allora agire di conseguenza e impegnarsi per realizzare pienamente il SFM nei prossimi 3-4 anni, altrimenti si abbia il coraggio di ammettere di non crederci e decidere di non andare avanti!

È necessario che gli Enti interessati producano il massimo sforzo di coerenza sullo sviluppo del sistema, senza ricercare “scorciatoie” che, oltre a distrarre attenzione e risorse al Sistema strategico, entrando in concorrenza con il SFM, ne riducono di fatto la funzionalità, come è stato per il metrò e il people mover: alla linea 6 per la Fiera finora non si è dato seguito e la fermata SFM Aeroporto è stata dimezzata.

Bisogna in primo luogo convogliare le risorse ancora disponibili, come i fondi ex metrò, a completare il SFM previsto dagli Accordi: le 5 fermate urbane ancora da realizzare, il completamento della fermata Fiera, i treni da comprare di dimensioni e prestazioni adeguate, e anche quello che ancora manca nella parte infrastrutturale, in particolare nelle linee a binario unico del previsto passante Vignola-Bologna-Portomaggiore.

E completare il SFM previsto, farlo funzionare, con i servizi passanti, integrati con la gomma, con biglietto unico, e gli orari cadenzati previsti.

Bisogna soprattutto evitare di dedicare risorse rilevanti per  interventi che interessano il SFM, ma che non servono alla funzionalità del SFM, come l’interramento di una parte della linea per Portomaggiore così com’è, a binario unico, e fatto in modo da non poterlo  più sviluppare e raddoppiare, solo per eliminare dei P/L (passaggi a livello); con un forte rischio di strozzatura dell’intera linea, da Vignola a Portomaggiore, impedendone gli sviluppi successivi, previsti negli Accordi per l’assetto Potenziato (cadenzamento al quarto d’ora, più “treni veloci”), ma anche probabilmente il servizio passante a 30’, di prima fase.

I tempi dei P/L si possono ridurre con la tecnologia, fino a quelli di un semaforo, senza dover interrare le linee.

Se proprio si vuole interrare una linea, allora si fa un lavoro ben fatto  che guarda  ai possibili sviluppi futuri della linea (con canna larga per il binario doppio, per consentire il cadenzamento più fitto).

Altrimenti è meglio impegnare le risorse disponibili per realizzare, sulla stessa linea, interventi più urgenti: gli incroci che mancano per il servizio passante, la velocizzazione della linea e le sottostazioni elettriche di trasformazione per un completo ed efficace utilizzo dei treni elettrici in arrivo.

Poi, in generale, è necessario individuare  la fonte di finanziamento dei servizi aggiuntivi previsti:

ripristino dell’addizionale regionale sul bollo auto, al di sopra di una certa cilindrata?

O Road pricing, (micro aliquota del pedaggio), nei corridoi autostradali convergenti su Bologna, secondo la normativa europea “eurovignette”, come utilizzazione locale dei costi esterni ambientali? O altro? Ma decidere, e farlo.

Infine  è necessario attuare le indicazioni del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), che assume  il SFM come  rete portante del sistema insediativo nell’area metropolitana, sui cui nodi dovranno aggregarsi i nuovi insediamenti;

in particolare, a Bologna, le aree ubicate nei pressi delle fermate SFM sono strategiche come luogo di destinazione degli spostamenti, per l’insediamento di importanti attività di mobilità delle persone a valenza metropolitana, come Università, scuole superiori, studentati, attrezzature sanitarie, sportive, Moschea, ecc…,

perché sarà facile, per gli utenti di questi servizi, raggiungerli direttamente con il trasporto pubblico da tutta l’area metropolitana, e l’insediamento  sarà meno costoso, data la ridotta dotazione dei parcheggi necessari, in presenza di un sistema forte di trasporto pubblico.

 

E concordiamo pienamente con Marco Spinedi sulla necessità che, per decidere sui finanziamenti delle infrastrutture, si facciano valutazioni costi-benefici codificate e certificate da enti esterni indipendenti, come avviene in Germania.

 

Condividi:

“IL FUTURO DEL MARCONI” Paolo Serra l’Unità 4 maggio 2012

L’aeroporto di Forlì e la miopia di SAB-CCIAA

 

La società di gestione dell’aeroporto Marconi, Sab, ha rigettato la proposta della Regione di integrarsi con la Seaf che gestisce il Ridolfi, l’aeroporto di Forlì, e si oppone, giustamente, anche a quella con Rimini. Per scoprire che quattro aeroporti lungo i 220 km della via Emilia da Parma a Rimini siano economicamente insostenibili non c’era certo bisogno di scomodare i consulenti della Price Waterhouse Coopers, salta agli occhi a chiunque. Solo l’incancrenita vecchia idea di una Regione come Federazione di Provincie, mai del tutto cancellata dall’universo mentale dei nostri amministratori, è riuscita a farci giungere alla situazione attuale dopo che da vent’anni si studiano impossibili integrazioni. Nel frattempo gli Enti Locali romagnoli e la Regione ne hanno tenuti due  in piedi artificialmente. Ora le vacche sono molto dimagrite ed il poco latte che secernono non può certo essere versato alle compagnie low cost per tenere in piedi aziende deficitarie. Tutto risolto dunque? Resterà solo Bologna? Forse no, perché gli aeroporti sono aziende molto speciali che oltre a produrre collegamenti aerei emettono un sottoprodotto molto spiacevole per chi abita nelle loro vicinanze, rumore ad alti livelli. Il Marconi, è straordinariamente vicino al centro di Bologna, meno di 5 km fra lo sbocco della pista 12 e piazza Maggiore, come hanno potuto notare tutti quelli che vanno al Cinema in Piazza d’estate e qualche pilota riesce a strappare ad Enav la direttissima per Firenze. 70 decolli giornalieri verso sud est deliziano orecchie e sistema nervoso di molte decine di bolognesi, che, ultimamente, hanno inviato una petizione al Sindaco firmata da quasi 3000 persone. Il Marconi ha in questa vicinanza la sua maggior carta commerciale me anche il suo insuperabile handicap di medio o lungo termine. Meglio sarebbe, dunque, tenersi una carta di riserva, ancor più giustificata dalla impossibilità di riorientare la sua unica pista o di farne una seconda parallela od ortogonale che sia. Diagnosticare una miopia aziendale della Sab, però, non è perfettamente corretto. Più giusto accollarla all’azionista di maggioranza, assoluta, la CCIAA di Bologna che, a cavallo del secolo, voleva farne un vassallo di Francoforte, cosa che avrebbe assicurato eccellenti risultati economici a breve ma avrebbe amputato ogni possibilità di evoluzione aziendale in risposta a quelle del mercato. Per fortuna il management oppose una lunga e tenace resistenza all’azionista, altrimenti la Sab avrebbe assistito impotente alle successive crisi degli hub intercontinentali per intasamento, allo sviluppo del point to point, ed all’esplosione del low cost. Addirittura con poco sforzo finanziario fu acquistato il 60%  della Seaf, con opzione per il resto, con l’obiettivo di fare di Forlì, nel tempo, la seconda pista del Marconi e lanciare sul mercato del volo aereo una doppia offerta molto attraente anche se troppo innovativa per quei tempi. Successivamente la Camera di Commercio decise di gestire direttamente la Sab, per fortuna il tempo degli hub and spoke era definitivamente tramontato ma l’ansia del breve termine fece rivendere le azioni Seaf alla Regione che ha sì cercato di liberarsene ma, di fronte all’interessamento del gruppo Benetton, si è immediatamente data alla ricerca di soluzioni interne. Quindi non c’è solo il problema ambientale sottovalutato che sfugge agli occhiali della CCIAA ma anche la possibilità che uno dei gruppi più dotati di liquidità del paese entri a Forlì, col benestare del vecchio amico Passera,  e ne faccia la base nazionale di qualche vettore low cost, magari, perché no, associandovisi. Allora si che sarebbero dolori…

 

 

Condividi:

“Una manovra diversa è possibile” paolo serra l’Unità 1 maggio 2012

Proposta (non) modesta

Da ogni parte si continua ad invocare la crescita economica, nazionale e mondiale, dimenticando il fatto che,  essendo il pianeta Terra finito, anche la quantità dei beni producibili necessariamente lo sarà. In effetti, già oggi nel mondo si producono beni e servizi per circa 58.000 miliardi di dollari, pari ad oltre 8000 dollari per essere umano vivente. Se si pensa che 4 miliardi di umani su 7 vivono con meno di 700 dollari l’anno si capisce bene che non di aumentare la ricchezza prodotta si tratta, bensì di ridistribuirla con maggiore equità sia fra le nazioni e le persone sia fra le varie voci di spesa. Ma accantoniamo questa atroce realtà e giochiamo anche noi a fare gli economisti nel Bel Paese. Il Governo Monti, è nato su una dichiarata trinità (segnale della evidente preponderanza della cultura cattolica tra le sue fila). Rigore, sviluppo, equità. Dichiarazioni che molte speranze avevano acceso fra chi non sopportava più le false analisi e promesse dei suoi predecessori. Dopo cinque mesi di intenso lavoro abbiamo visto il rigore riservato quasi completamente alle classi medio-basse, lo sviluppo è rimasto allo stato di declamazione (nessuno è riuscito ancora a spiegare come sia possibile una ripresa economica tagliando fiscalmente il potere d’acquisto delle famiglie), la traccia dell’equità è stata talmente debole da passare inosservata. Eppure davanti a 40 anni di evasione ed elusione fiscale trasformata in accumuli patrimoniali, quando è andata bene, o in fuga nei paradisi fiscali, quando è andata male, delle possibilità di riequilibrio mi pare che ce ne sarebbero. Naturalmente non dimentichiamo la non volontà di Monti di giungere ad un accordo con la Svizzera, sul modello, recentemente approvato dalla Ue, usato da Gran Bretagna, Germania ed Austria, che apporterebbe qualche decina di miliardi una tantum utilizzabili per saldare tutti i debiti correnti dello Stato con i suoi fornitori e portare i pagamenti verso i 30/60 giorni fisiologici, una benedizione per l’economia. Probabilmente il Pdl avrebbe ritirato l’appoggio al Governo, ma, forse la Camere non lo avrebbero fatto cadere. Allora non c’è proprio nulla da fare? Alla maniera di Johnathan Swift formuliamo la nostra (non) modesta proposta.

Intanto a parità di saldo si potrebbe riequilibrare un poco il nostro sistema fiscale ad esempio alleggerendo di 3 punti le trattenute previdenziali trasferendole sulle aliquote Irpef. Per i tartassati dai sostituti d’imposta non cambierebbe niente sul netto mensile, per gli altri sarebbe un aggravio di non più di 400 milioni in tutto. Si potrebbero, inoltre, aumentare di un decimo le aliquote Iva per incassare 16/17 miliardi da usare per aumentare le detrazioni dei lavoratori dipendenti di circa 1000 euro ciascuno. Infine tassare gli accumuli patrimoniali, secondo la non insopportabile proposta della Cgil, recuperando altri 17/18 miliardi da redistribuire abbassando le prime due aliquote  Irpef, circa altri 1000 euro per denuncia. In totale senza eccessivi aggravi per nessuno si avrebbe una spinta di 35 miliardi di potere d’acquisto pari al 2% del Pil che potrebbe servire da volano per la produzione. Mi fermo qui ma si potrebbe continuare con una carbon tax,  ed anche con una revisione degli incentivi alla produzione, non c’è settore che non ne goda fra trasparenti ed opachi, sempre da convertire in alleggerimenti Irpef con priorità a chi paga attraverso i sostituti d’imposta.

Certo che se, nel frattempo, non si mette in atto una vera riforma dei controlli fiscali sulla scorta delle iniziative dei tempi di Prodi-Visco avvicinando la correttezza fiscale del nostro paese a quella dei nostri soci europei la boccata di ossigeno finirebbe abbastanza presto e riprenderemo a contendere il ruolo di ultima ruota del carro ai nostri simili Greci.

Condividi:

Sporcizia nelle strade: stupidità o maleducazione? l’Unità 22 aprile 2012.

mozziconi come arredo urbano

Comportamenti stupidi o maleducazione?

Tramutazione dell’acqua in sangue, Invasione di rane, Invasione di zanzare, Invasione di tafani, Moria del bestiame, Ulcere su animali e umani, Grandine, Invasione di cavallette, Tenebre, Morte dei primogeniti maschi. Questa è la lista biblica delle 10 piaghe d’Egitto, compendio di tutti i peggiori terrori che la nostra specie poteva immaginare o aver vissuto tre o quattromila anni fa. Alcuni sono ancora attuali, altri decisamente improbabili. Colpisce immediatamente la persistenza delle zanzare evidentemente almeno pari agli umani nell’adattabilità evolutiva.

ed ora che fare?

Se dovessi riscrivere la lista oggi, per la nostra civiltà urbana, partirei con le seguenti tre, che sono esistenti e quanto mai reali: Invasione di cicche di sigarette, Invasione di chewing gum masticate, Invasione di deiezioni canine

La differenza fra le antiche piaghe e quelle moderne consiste nella provenienza naturale, o da divinità adirata, delle prime mentre le seconde sono frutto del solo comportamento umano.

Ogni anno nell’ambiente terrestre vengono riversate 4,5 milioni di miliardi di cicche non biodegradabili (se uno ne buttasse una ogni secondo gli ci vorrebbero 143 milioni di anni per farcela). In queste cicche, grazie ai filtri, sono concentrate sostanze radioattive come il polonio210 (colgo l’occasione per rammentare ai fumatori che 20 sigarette al giorno aumentano il rischio di cancro quanto 300 radiografie all’anno, dato che le multinazionali tengono ben nascosto) o tossiche per la fauna come la nicotina. Il 40% in volume dell’inquinamento marino è costituito dall’acetato di cellulosa dei filtri, 12.240 tonnellate l’anno. Prima di gettare negligentemente la cicca in terra, con un gesto molto mutuato dal cinema e che fa sentire così “virili” e decisi, non converrebbe al sapiens riflettere un attimo?

In Italia si consumano ogni anno 23.000 tonnellate di gomma da masticare che hanno una vita biologica di 5 anni, sono circa 800 TIR (una colonna di 24 km) in parte gettate nell’ambiente, molte appiccicate sotto le sedie e le maniglie delle poltrone da giovani e vecchi burloni. In Germania, dove i Comuni provvedono a raschiarle dal lastrico dei marciapiedi, per lo smaltimento vengono spesi circa 900 milioni di euro l’anno, sappiamo tutti per esperienza la lotta per staccarle dalle suole. Impossibile imparare a smaltirle civilmente?

cane civilizzato

Sulle deiezioni canine, che possono trasmettere vermi e malattie infettive, si sono giocate campagne elettorali comunali, esistono regolamenti che ne impongono la raccolta ai proprietari dei cani, ma molto di rado se ne vedono gli effetti e, sempre per cagnetti da compagnia di piccola taglia. Il dilagare dei cani da difesa sta ingigantendo il problema, a Milano stimano 20 tonnellate al giorno, a Bologna dovremmo essere sulle 6 e sono ovunque, marciapiedi e portici compresi. Senza voler giungere ai metodi tedeschi, esame dna obbligatorio per risalire alla fonte, una maggior vigilanza non guasterebbe, basterebbe una campagna di controllo del possesso di guanto, busta e paletta da parte di chi accompagna il cane a passeggiare, 25 euro a passeggiata possono convincere anche i più riottosi, se non ci sono abbastanza vigili perché non attingere al bacino di decine di migliaia di pensionati creando un corpo di vigili ecologici volontari?

segnalazione alla danese

Stupida incoscienza o maleducazione? Fate voi, però cominciamo ad occuparcene.

Condividi:

Rilancio Economia lettera all’Unita 19 aprile 2012

Una proposta forte

Cara Unità,
sfugge ai più come sia possibile rilanciare l’economia alzando contemporaneamente la pressione fiscale. Oltretutto in un paese come l’Italia dove il fisco colpisce prevalentemente i redditi da lavoro e le pensioni. Mi si dice che occorre puntare sulle esportazioni. Ma se tutti i Paesi del mondo usano la stessa ricetta diventa un Giro dell’Oca! Mi dite quale Paese è disposto ad avere la bilancia dei pagamenti in passivo se proprio non ne può fare a meno per mancanza di materie prime? Senza mercato interno non c’è rilancio possibile. Ad onor di logica dato il nosro sistema fiscale, l’unica possibilità sarebbe quella di applicare una tassa ai patrimoni immobiliari e mobiliari, escluse le azioni, frutto in gran parte di 40 anni di evasioni ed elusionii, quando non di reati, e, col ricavato, alzare la franchigia esentasse ed abbattere le prime due aliquote Irpef. C’è qualcuno dei tanto loquaci dirigenti del nostro partito che abbia il coraggio di fare la proposta? Tanto per vedere come risponderebbe il Governo dei Professori che si era presentato con la triade, “rigore, sviluppo, equità” ma, finora, ha applicato il rigore prevalentemente alle classi medio basse, per lo sviluppo si limita alle promesse, mentre l’equità deve essere rimasta chiusa in qualche cassetto di cui non si trova la chiave.

Paolo Serra — Bologna

Condividi: