Una “conferenza” per le donne del PD (e non solo) l’Unità del 30 agosto 2012 Paolo Serra

Una  “conferenza” per le donne del PD

(e non solo)

 Il viandante che si trovi a transitare lungo il fianco sinistro della Sala Centrale della Festa dell’Unità di Bologna può notare, di fronte, uno stand di due vani, un bar ed una saletta riunioni, il cui frontone recita: “Donne PD per ricostruire” con sulla sinistra Conferenza Provinciale e sulla destra Conferenze di Castelmaggiore,  Casalecchio, San Lazzaro, Zola Predosa, Bologna-Navile. Conferenza viene dal latino, significa “portare insieme” e la scelta di questo vocabolo pare quanto mai opportuna. Si sa che la nostra specie (denominata “Sapiens”  un po’ troppo in fretta da Linneo, visto che, più che altro, siamo “Credulus”) è costituita da una impasto di egoismo competitivo e cooperativismo associativo, con percentuali variabili nel tempo e nello spazio, e nessuno può contestare il fatto che le donne abbiano generalmente una percentuale della seconda materia parecchio superiore agli uomini. Nelle nostre società post industriali, al contrario, il neo liberismo competitivo sta soverchiando ogni regola sociale. Ben venga, quindi, che le donne del PD si stiano organizzando per costruire luoghi dove conferire idee, esperienze, sensibilità, energie al fine di valorizzare il ruolo del genere femminile in una società che ne ha tanto bisogno. Luoghi aperti non solo alle iscritte ma anche a simpatizzanti ed elettrici. C’è il rischio della nascita di un’altra lobby a caccia di poltrone o prebende (come se non ce ne fosse già anche troppe…)? Beh, viste le premesse, è un rischio che vale la pena di correre. Ci si può iscrivere, gratuitamente, sia allo stand sia sul sito  http://www.pder.it  alla pagina Conferenza delle donne PD, mentre la Conferenza  di Bologna-Navile ha un suo sito http://donnepdnavile.wordpress.com/ ed un profilo su facebook.  Ma le Conferenze  vanno estese su tutto il territorio provinciale ed urbano, per ottobre la Conferenza vorrebbe completare l’organizzazione e rinnovare le proprie strutture,  è il momento giusto di agire affinché le donne entrino in campo con tutte le energie possibili per migliorare il PD ed il Paese.

Condividi:

La (mini) società dello spettacolo l’Unità 24 agosto 2012 paolo serra

La (mini) società dello spettacolo.

Tutta questa discussione ferragostana sulle apparizioni a pagamento in tv locali dei consiglieri regionali Favia e Casadei ( ma anche Noè, Bignami, Bernardini, Naldi e Sconciaforni) oltre che abbastanza stucchevole mi pare anche fuorviante. A parte le diversità dei casi, perché Casadei ha agito in evidente buonafede mettendo le registrazioni sul suo stesso sito web, è del tutto ovvio che i “peones” che non hanno “santi in paradiso” siano costretti a pagare per cercare di comunicare con quell’ampio strato di popolazione ipnotizzato da decenni prima dai cinescopi catodici, ora dai led. La cosa strana è che lo facciano anche  consiglieri del centrodestra visto che le proprietà sono tutte piuttosto schierate su quel versante e non tutti i giornalisti hanno il coraggio della indipendenza. Per fare un esempio: c’è stata qualche tv locale che abbia informato i propri telespettatori bolognesi che qualcuno stava raccogliendo firme per un referendum sul finanziamento comunale alle scuole cattoliche? Resta il fatto è che comunicare solo al popolo del web è penalizzante, la maggioranza degli elettori ancora non lo frequenta, mentre i lettori della carta stampata sono sempre meno, quindi o bere o affogare…

Certo che la deontologia dei giornalisti non fa una bella figura. Ma siamo nella “Civiltà dello spettacolo”  profetizzata da Guy Debord fin dal 1967, dove anche i giornalisti non sono altro che attori che recitano un copione già scritto, specie quelli che frequentano i teleschermi… Non avete notato che parlano e si muovono quasi tutti nella stessa maniera stereotipata con annessi idioletti? quanti indici ad uncino sopra il labbro superiore vediamo ogni giorno per simulare improvvisazione in una domanda concordata?

Quanto ai politici se Reagan è diventato presidente degli USA (e  Schwarzenegger  della California) e Berlusconi a forza di cerone sulla faccia e catrame sul cranio ha incantato milioni di elettori vorrà pur dire qualcosa… (per non parlare della new entry Grillo che, forse, è troppo tirchio per pagare comparsate in tv, ma gela il sangue nelle vene al pensiero dello tsunami di qualunquismo che scatenerebbe se avesse a disposizione anche solo una rete e non le cinque che ha avuto Berlusconi).

Ed allora  fino a che punto è giusto scandalizzarsi della cultura nella quale siamo tutti immersi da almeno quarant’anni?

Condividi:

“Neve e caldo, quelle catastrofi poco naturali”. l’Unità 12 agosto 2012 paolo serra

 

Siccità e alluvioni

“Alluvioni e siccità” avevo proposto al nostro giornale come titolo, il 20/12/2008, di un mio articolo sulla tropicalizzazione del clima, poi pubblicato come “Catastrofi: eventi poco naturali”. Era dicembre e tutta l’Emilia-Romagna era sotto l’acqua. Ora siamo in agosto ed il fertile humus delle nostre campagne si sta sgretolando per la siccità. Il cambiamento climatico è un dato di fatto consolidato: concentrazione delle precipitazioni in brevi rovinosi periodi e lunghi periodi secchi. Due stati di calamità che sono diventati consueti. Pare chiaro che gli usi consolidati dell’acqua vadano modificati con la massima urgenza. L’agricoltura consuma il 70% dell’acqua con tecniche di massimo spreco come l’irrigazione a pioggia o, peggio, le canalizzazioni a perdere. La rete domestica soffre di perdite più o meno riconosciute per la vetustà delle tubazioni. Le industrie continuano a succhiare dalle falde con pozzi non tutti regolarizzati. La Regione ha evidenziato il problema da almeno 20 anni ma l’azione concreta lascia molto  a desiderare. Il Piano Acque 2001-2016 trattava prevalentemente di inquinamento e solo secondariamente di consumi, sarebbe, comunque, interessante conoscerne i risultati dopo due terzi dalla sua decorrenza. La costruzione di nuovi invasi per mantenere l’acqua in quota ed usarla quando è necessario pare bloccata da un decennio dopo i malintesi con gli ambientalisti sulla diga di Castrola nel bolognese. Il progetto Aqua per il contenimento dei consumi agro-industriali, lanciato questa primavera, è su base volontaria e non normativa. La risorsa Pò, ultima riserva, si trova in condizioni ancora peggiori dei fiumi appenninici per lo smodato utilizzo anche per il raffreddamento delle centrali termiche. Occorrerebbe una decisa azione regionale, normativa ed economica, che affronti il problema sotto tutti gli aspetti, ma non pare che, oltre a chiedere interventi governativi sempre meno probabili, il problema acqua sia nella prima pagina dell’agenda. L’acqua di tutti, slogan del referendum 2011, rischia di diventare l’acqua di nessuno.

Condividi:

Il Bologna e quel nuovo stadio lontano dal treno l’Unità 31 luglio 2012 paolo serra

Da Romilia alla “cantera” rossoblù

 La  nuova proposta del Bologna F.C., i fare un Centro Tecnico fra Quarto  e Granarolo, pare non abbia nulla a che vedere con Romilia, la mega città dello sport proposta nel 2006 (come passa il tempo…) dal corrusco duo Cazzola-Menarini (e Coop) fra Budrio e Medicina che si meritò il pubblico ludibrio e la proposta di un burlone, proprio su queste colonne l’8-12-06, di rinominarla Emagna,. Romilia fra Nuovo Stadio, campi da golf, outlet dell’auto con pista, due centri sportivi, alberghi,  parchi, arrivava a coprire 290 ettari (3/4 della Bologna entro le mura) con 29.000 mq di edificato, la nuova proposta, che sostituisce Casteldebole, dei suoi 22 ettari  ne edifica 3.500 mq fra uffici, ambulatori e foresterie, il resto sono campi da calcio di vario formato.

Tutto bene dunque? Anche il Bologna avrà la sua “cantera” dove sgrezzare dalla pietra informe i suoi gioiellini come il Barcellona? Concediamoci il beneficio del dubbio. A parte che le due realtà territoriali e imprenditoriali non sono minimamente paragonabili, notiamo che il Barcellona ha il suo centro (pare di 4 ettari) a fianco del Nou Camp per sfruttarne tutte le sinergie ed i collegamenti logistici, mentre il centro proposto, pare una maledizione ma è solo a causa del prezzo favorevole dei terreni, è in uno dei pochi punti dell’area metropolitana non servito dal SFM. C’è solo il bus 93 (ogni mezz’ora fino a Quarto ed ogni ora fino a Granarolo dalle 6 alle 20 dei giorni feriali, con riduzioni al sabato e sei corse in tutto la domenica). Questo vuol dire che le centinaia di frequentatori quotidiani sarebbero costretti al motorino o ad essere accompagnati in auto dai genitori. Inoltre il terreno prescelto è ad alta vocazione agricola. Sono anni che ascoltiamo la litania degli amministratori pubblici sulla necessità di bloccare la cementificazione del territorio e contenere l’uso della motorizzazione privata ma quando si passa alle realizzazioni evidentemente il buon dottor Jekill si trasforma nel perfido mister Hyde. Inoltre pare che a fianco del lotto ci siano altri 50 ettari (non si sa bene se opzionati o acquistati) che sembrano fatti apposta per ospitare il Nuovo Stadio di proprietà della Società, che potrebbe usufruire dei percorsi agevolati dalla legge ora in discussione alla Camera. Chi potrebbe fermare allora una Romilia bis e le relative decine di migliaia di automobilisti sulla Lungo Savena? (alla faccia dei blocchi del giovedì per contenere l’inquinamento…).

L’operazione potrebbe avere una sua ragionevolezza se fosse prodroma al prolungamento della linea 6 del SFM, dalla Stazione alla Fiera, che passando per il Pilastro e lo scalo merci San Donato con soli ¾ km aggiuntivi arrivasse a Granarolo (e chissà un giorno futuro essere prolungato fino Minerbio, Baricella e Malalbergo…). Sogni? Ma che ci resta da fare di questi tempi?

Condividi: