Insiemi immaginari, insiemi reali
In matematica, un insieme è una collezione di oggetti che hanno qualche caratteristica comune e che è a sua volta considerata un oggetto. Un servizio da tavola è un insieme di piatti. Un partito politico un insieme di cittadini che hanno idee ragionevolmente omogenee (scodelle, piattini, piatti da portata, ciotole, ma sempre piatti sono). I fatti susseguenti alle elezioni del 24 febbraio hanno dimostrato che il PD non è un insieme bensì la sommatoria di due insiemi affiancati. L’uno, insieme A, composto da iscritti ed elettori, l’altro, insieme B, da eletti e dirigenti, ciascuno dei quali quando dice “noi” si riferisce ad un PD diverso, con idee diverse ed obiettivi diversi. La ricerca della fiducia ad un governo al Senato e la elezione del nuovo Presidente della Repubblica hanno impietosamente mostrato la realtà. Ogni azione dell’insieme B, a sua volta composto da almeno tre sottoinsiemi portatori di interessi diversi (ex Dc-Popolari-Margherita, ex PCI-PDS-DS, rottamatori-resettatori), è stata contestata dall’insieme A, composto di cittadini che credono nei diritti, nel lavoro, nell’equità, quindi molto più omogeneo e disinteressato. Quello che è successo è noto, non si è riusciti ad eleggere un nuovo Presidente della Repubblica e non si riusciti a formare un governo di “Cambiamento” malgrado la presenza in Parlamento di una larga maggioranza di forze che, in campagna elettorale, i cittadini hanno identificato come riformatrici, caso unico nella nostra storia, e, temo, irripetibile. Ora l’insieme immaginario PD andrà a congresso ma se continuerà a discutere di topologia (cercando l’eternamente sfuggente punto di unione fra centro e sinistra) o di demografia (puntando al solo ricambio generazionale) senza chiarirsi le idee formando proposte omogenee, costi quel che costi, anche con referendum fra gli iscritti, sui temi che interessano i cittadini, quelli sopra accennati, non riuscirà mai a diventare un insieme reale. Dalle omissioni e dai “ma anche” abbiamo visto cosa è uscito…